nei rituali della Settimana Santa a Verbicaro
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Prefazione
(di Beatrice Concetta Tortolici)
In occasione delle festività pasquali alcune località del nostro paese superano i confini della loro realtà geografica e si aprono ad un contesto più ampio e a spazi più distesi. Sono circostanze nelle quali si coniugano modalità sociali particolari in ambiti globali in quanto, la necessità di mantenere vivo il legame con la tradizione che sostiene una forma d’identità culturale, non si dissocia dalla realtà d’essere cittadino del mondo.
Quando poi la tradizione riguarda aspetti della religiosità popolare, s’intrecciano istanze diverse che si dilatano sia in senso sincronico sia in senso diacronico. Sono istanze che provengono dal profondo dell’animo umano verso la trascendenza cosmica divina, ma che nascono anche dal bisogno di rendere più salda la comunità che è in continua relazione ed interazione con altre anche lontane. Sembra di vivere un paradosso culturale il quale, per un verso spinge verso la tendenza all’omogeneizzazione planetaria del mondo globale e per un altro verso a mantenere viva la presenza di realtà locali come se fossero entità isolate, ma in realtà tutto ciò assume il valore di vissuto consapevole di esistere come particolarità proiettata oltre i confini del locale e di essere paesani della città globale.
Verbicaro rappresenta tutto questo, e i riti della Settimana Santa che in esso si svolgono coniugano il vissuto locale della propria specifica realtà sociale con la necessità globale. Il dolore, la morte e la resurrezione di Dio, simbolicamente raffigurate, rappresentano la situazione concreta della collettività nell’ambito della dimensione religiosa ed annunciano il bisogno di rinascita di una realtà umana e sociale non sempre di facile attuazione.
Il linguaggio usato è quello simbolico del ‘come se’ il quale dà espressione ai bisogni, alle aspirazioni collettive ed individuali, alle ansie, ai timori di calamità reali o paventate e al desiderio di soluzioni e di compenso a quanto è motivo di precarietà sociale ed esistenziale.
Rituali in occasione della Settimana Santa si svolgono in diversi centri italiani, ma a Verbicaro il passaggio dalla vita alla morte e da questa nuovamente alla vita rinata è segnato da alcune particolarità locali, differenti per carattere e funzione. Sono i battenti e gli angioletti. I battenti scandiscono il dolore di Dio e dell’umanità tutta con le loro impronte insanguinate lasciate lungo il percorso, gli angioletti, con la loro funzione di mediazione, scandiscono le fasi della tragedia del dio vivente e annunciano la vita che rinasce.
Gli angioletti, i bambini, le punte di mezzo, non sempre hanno trovato adeguato spazio nella letteratura antropologica religiosa. E’ stata data attenzione agli angeli ma non molto agli angioletti. Totaro colma questo vuoto e si sofferma proprio sul loro significato simbolico e sulla loro funzione antropologica.
L’angelo non ha soltanto il significato di messaggero divino, come l’etimologia della parola (dal greco anghelos) suggerisce, ma il suo ricco contenuto semantico lo pone al centro di situazioni e di condizioni con un alto significato antropologico. Lo pone come spazio mediano fra due realtà opposte, quella umana e quella divina, che cercano un contatto di mediazione. Mai come oggi l’uomo appare tanto distante dalla sfera divina, eppure mai come oggi egli avverte così tanto il bisogno di un suo riavvicinamento a Dio. Gli viene offerta la possibilità dalla funzione mediatrice dell’angelo e degli angioletti che rappresentano un ponte tra la natura terrena e la trascendenza divina. E’ un ponte metaforico dal significato individuale e collettivo, che l’uomo percorre con l’ausilio di colui o di coloro che lo aprono ad una nuova condizione.
L’angelo nella sua forma mediana di umano e divino, e soprattutto l’angioletto che, come bambino, rappresenta la fase iniziale del processo biologico della vita terrena e la mancanza di forme di condizionamento, rappresentano la mediazione assoluta, ma soprattutto la condizione di ‘meraviglia filosofica’ che, per il carattere di massima apertura e disponibilità dell’animo, pone l’uomo nella condizione di scendere nei punti più profondi della sua emotività e salire con essa fino al pensiero che gli consente di oltrepassare la contingenza fisica.
La meraviglia filosofica gli permette di concretizzare il pensiero emotivo il quale gli consente di superare quella logica oppositiva contrastiva che tiene separati l’umano e il divino e che li isola escludendo l’uno dall’altro. Già l’epistemologia genetica ha dimostrato la relazione sistematica tra psicologia e logica, ora l’antropologia ne trova la continuità di applicazione nelle forme comportamentali religiose. La figura dell’angioletto di Verbicaro ne è un’espressione.
Il sentimento, nella sua formulazione di pensiero emotivo e nella sua attuazione di partecipazione corale ai rituali sacri, permette di uscire dall’ambito della contrastività oppositiva e consente di entrare in quella della relazione. Nella doppia veste di dinamica psichica e di atto mentale, il sentimento si traduce operativamente in un processo di pensiero-azione partecipante. E’ il punto di raccordo del pensiero e dell’azione dell’uomo, così come l’angioletto è la trasfigurazione del raccordo dell’umano e del divino.
Gli angioletti di Verbicaro rappresentano l’aspetto vivente di molteplici funzioni. Sono loro che agiscono nei rituali, e sono loro che offrono la possibilità mediata del dialogo degli uomini con Dio. Sono piccoli attori e metafore di alto significato religioso, i quali, nel raffigurare in forma simbolica e ritualizzata il massimo dolore patito dal dio umano, ricordano la piccolezza dell’essere creatura terrena e la possibilità che questa ha di trovarsi in condizioni tragiche, di procurarne delle altre, ma anche di poterle superare.
Con l’intermezzo degli angioletti, l’umano e il divino non sono più su due piani opposti e separati da una distanza incolmabile. Le persone sono più vicine a Dio e collegate a lui dalla loro mediazione, grazie alla quale, aprono con lui un rapporto dialettico e un dialogo profondo.
Il bisogno di oggi è quello di superare l’isolamento esistenziale, è quello di ristabilire ponti sicuri di collegamento con il divino, è quello di abbandonare le logiche dell’esclusione e dell’opposizione a tutti i costi, è quello di rinsaldare il gruppo per farne una comunità, è quello di non perdere la propria differenza nel mare immenso della collettività globale, e la risposta a tutti questi bisogni è offerta dalla mediazione che apre alla logica della relazione.
La funzione antropologica degli angioletti è proprio quella della mediazione che consente la relazione. E per renderla più incisiva e quasi tangibile, a Verbicaro, gli angioletti (che sono rigorosamente maschietti), svolgono la loro processione di notte fino all’alba, per raccontare metaforicamente quanta strada si deve percorrere prima di uscire dal tunnel buio dell’incertezza, dell’instabilità e della perdita di senso. E’ un percorso faticoso e lungo.
I rituali della Settimana Santa, nello scandire periodicamente le tappe della vita, ne rinsaldano le varie fasi e le collegano alla dimensione cosmica in un continuum di presenza che, dal buio della notte, giunge alla luce del giorno, come a rappresentare meglio un percorso che ha inizio nell’abbandono e nell’isolamento più profondo e che giunge finalmente alla comprensione del senso dell’esistenza.
Tra l’umano e il divino si estende uno spazio infinito incolmabile per la diversa natura di Dio e della sua creatura, ma ciò che è reso impossibile dall’oggettività dei fatti, è reso possibile dalla metafora del rito sacro che si svolge con modalità simboliche. In tal modo i fatti concreti, le ‘prediche’ che narrano gli angioletti di Verbicaro, divengono trasfigurazioni culturali di un bisogno di completezza e di unione significante con la dimensione trascendentale del sacro. La festa nel cui ambito si svolgono, è la ‘categoria fenomenologia autonoma’ che acquisisce senso nella sua contrapposizione dialettica con la categoria del quotidiano, dell’ordinario, del ripetitivo, ma anche del dolore, della precarietà e della speranza.
I riti e la condivisione dei rituali assumono valore antropologico anche per la funzione sociativa che essi svolgono, poiché la presenza di coloro che rivestono ruoli all’interno dei rituali stessi e la partecipazione dei presenti rinsaldano il gruppo facendo rinvigorire ad ogni suo componente il forte senso di appartenenza che lo lega ad esso.
Oggi l'individuo è sempre di più cittadino del mondo che non ha punti precisi che gli indicano il centro o la periferia, e in questa situazione nella quale ogni aspetto e ogni condizione può essere ora l'una ora l'altra, il bisogno di unione è molto sentito. Si dilata l'identità culturale, ma la partecipazione alla festa e ai rituali sacri del proprio paese mantengono unito il gruppo che non perde il senso d’appartenenza che lo tiene coeso.
Lo sviluppo della tecnologia ha facilitato gli spostamenti di persone da un luogo ad un altro del globo, ha consentito di comunicare a distanze notevoli con persone lontane come se queste vivessero alla porta accanto, ha reso il mondo piccolo e ha anche consentito all'individuo di estendere la propria cittadinanza oltre i confini del proprio territorio senza, però, perdere la propria identità.
Globale e locale si coniugano perfettamente nei riti della Settimana Santa, dilatando una realtà particolare che viene vissuta con profonda partecipazione da tutti coloro che danno vita alle sacre rappresentazioni. Queste sono persone che mimano un passato lontano della storia comune a tutti i cristiani che rendono presente a quanti vi assistono, ma sono, innanzi tutto, cittadini di Verbicaro che hanno una storia da narrare.
Salvatore Totaro ripercorre i rituali della Settimana Santa e propone la centralità della figura dell’angioletto con attenta osservazione partecipante, ma pur mantenendo il giusto distacco richiesto dall’analisi scientifica, lascia passare l’affettività dell’essere ‘figlio’ di Verbicaro.
Presenta una realtà locale che, pur proiettata oltre i confini geografici del paese, è un invito a mantenere vivo un mondo passato, ma soprattutto un’esortazione a non perdere la tradizione orale della storia di ieri che ha il valore del patrimonio culturale.
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- Testo a cura di Beatrice Concetta Tortolici (Docente di Antropologia, presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’ Università Roma Tre), tratto dalla prefazione del volume di Salvatore Totaro - "La funzione mediatrice degli angioletti nei rituali della Settimana Santa a Verbicaro", Editore Lego Sprint s.p.a., Lavis (TN), settembre2005 .
(di Beatrice Concetta Tortolici)
In occasione delle festività pasquali alcune località del nostro paese superano i confini della loro realtà geografica e si aprono ad un contesto più ampio e a spazi più distesi. Sono circostanze nelle quali si coniugano modalità sociali particolari in ambiti globali in quanto, la necessità di mantenere vivo il legame con la tradizione che sostiene una forma d’identità culturale, non si dissocia dalla realtà d’essere cittadino del mondo.
Quando poi la tradizione riguarda aspetti della religiosità popolare, s’intrecciano istanze diverse che si dilatano sia in senso sincronico sia in senso diacronico. Sono istanze che provengono dal profondo dell’animo umano verso la trascendenza cosmica divina, ma che nascono anche dal bisogno di rendere più salda la comunità che è in continua relazione ed interazione con altre anche lontane. Sembra di vivere un paradosso culturale il quale, per un verso spinge verso la tendenza all’omogeneizzazione planetaria del mondo globale e per un altro verso a mantenere viva la presenza di realtà locali come se fossero entità isolate, ma in realtà tutto ciò assume il valore di vissuto consapevole di esistere come particolarità proiettata oltre i confini del locale e di essere paesani della città globale.
Verbicaro rappresenta tutto questo, e i riti della Settimana Santa che in esso si svolgono coniugano il vissuto locale della propria specifica realtà sociale con la necessità globale. Il dolore, la morte e la resurrezione di Dio, simbolicamente raffigurate, rappresentano la situazione concreta della collettività nell’ambito della dimensione religiosa ed annunciano il bisogno di rinascita di una realtà umana e sociale non sempre di facile attuazione.
Il linguaggio usato è quello simbolico del ‘come se’ il quale dà espressione ai bisogni, alle aspirazioni collettive ed individuali, alle ansie, ai timori di calamità reali o paventate e al desiderio di soluzioni e di compenso a quanto è motivo di precarietà sociale ed esistenziale.
Rituali in occasione della Settimana Santa si svolgono in diversi centri italiani, ma a Verbicaro il passaggio dalla vita alla morte e da questa nuovamente alla vita rinata è segnato da alcune particolarità locali, differenti per carattere e funzione. Sono i battenti e gli angioletti. I battenti scandiscono il dolore di Dio e dell’umanità tutta con le loro impronte insanguinate lasciate lungo il percorso, gli angioletti, con la loro funzione di mediazione, scandiscono le fasi della tragedia del dio vivente e annunciano la vita che rinasce.
Gli angioletti, i bambini, le punte di mezzo, non sempre hanno trovato adeguato spazio nella letteratura antropologica religiosa. E’ stata data attenzione agli angeli ma non molto agli angioletti. Totaro colma questo vuoto e si sofferma proprio sul loro significato simbolico e sulla loro funzione antropologica.
L’angelo non ha soltanto il significato di messaggero divino, come l’etimologia della parola (dal greco anghelos) suggerisce, ma il suo ricco contenuto semantico lo pone al centro di situazioni e di condizioni con un alto significato antropologico. Lo pone come spazio mediano fra due realtà opposte, quella umana e quella divina, che cercano un contatto di mediazione. Mai come oggi l’uomo appare tanto distante dalla sfera divina, eppure mai come oggi egli avverte così tanto il bisogno di un suo riavvicinamento a Dio. Gli viene offerta la possibilità dalla funzione mediatrice dell’angelo e degli angioletti che rappresentano un ponte tra la natura terrena e la trascendenza divina. E’ un ponte metaforico dal significato individuale e collettivo, che l’uomo percorre con l’ausilio di colui o di coloro che lo aprono ad una nuova condizione.
L’angelo nella sua forma mediana di umano e divino, e soprattutto l’angioletto che, come bambino, rappresenta la fase iniziale del processo biologico della vita terrena e la mancanza di forme di condizionamento, rappresentano la mediazione assoluta, ma soprattutto la condizione di ‘meraviglia filosofica’ che, per il carattere di massima apertura e disponibilità dell’animo, pone l’uomo nella condizione di scendere nei punti più profondi della sua emotività e salire con essa fino al pensiero che gli consente di oltrepassare la contingenza fisica.
La meraviglia filosofica gli permette di concretizzare il pensiero emotivo il quale gli consente di superare quella logica oppositiva contrastiva che tiene separati l’umano e il divino e che li isola escludendo l’uno dall’altro. Già l’epistemologia genetica ha dimostrato la relazione sistematica tra psicologia e logica, ora l’antropologia ne trova la continuità di applicazione nelle forme comportamentali religiose. La figura dell’angioletto di Verbicaro ne è un’espressione.
Il sentimento, nella sua formulazione di pensiero emotivo e nella sua attuazione di partecipazione corale ai rituali sacri, permette di uscire dall’ambito della contrastività oppositiva e consente di entrare in quella della relazione. Nella doppia veste di dinamica psichica e di atto mentale, il sentimento si traduce operativamente in un processo di pensiero-azione partecipante. E’ il punto di raccordo del pensiero e dell’azione dell’uomo, così come l’angioletto è la trasfigurazione del raccordo dell’umano e del divino.
Gli angioletti di Verbicaro rappresentano l’aspetto vivente di molteplici funzioni. Sono loro che agiscono nei rituali, e sono loro che offrono la possibilità mediata del dialogo degli uomini con Dio. Sono piccoli attori e metafore di alto significato religioso, i quali, nel raffigurare in forma simbolica e ritualizzata il massimo dolore patito dal dio umano, ricordano la piccolezza dell’essere creatura terrena e la possibilità che questa ha di trovarsi in condizioni tragiche, di procurarne delle altre, ma anche di poterle superare.
Con l’intermezzo degli angioletti, l’umano e il divino non sono più su due piani opposti e separati da una distanza incolmabile. Le persone sono più vicine a Dio e collegate a lui dalla loro mediazione, grazie alla quale, aprono con lui un rapporto dialettico e un dialogo profondo.
Il bisogno di oggi è quello di superare l’isolamento esistenziale, è quello di ristabilire ponti sicuri di collegamento con il divino, è quello di abbandonare le logiche dell’esclusione e dell’opposizione a tutti i costi, è quello di rinsaldare il gruppo per farne una comunità, è quello di non perdere la propria differenza nel mare immenso della collettività globale, e la risposta a tutti questi bisogni è offerta dalla mediazione che apre alla logica della relazione.
La funzione antropologica degli angioletti è proprio quella della mediazione che consente la relazione. E per renderla più incisiva e quasi tangibile, a Verbicaro, gli angioletti (che sono rigorosamente maschietti), svolgono la loro processione di notte fino all’alba, per raccontare metaforicamente quanta strada si deve percorrere prima di uscire dal tunnel buio dell’incertezza, dell’instabilità e della perdita di senso. E’ un percorso faticoso e lungo.
I rituali della Settimana Santa, nello scandire periodicamente le tappe della vita, ne rinsaldano le varie fasi e le collegano alla dimensione cosmica in un continuum di presenza che, dal buio della notte, giunge alla luce del giorno, come a rappresentare meglio un percorso che ha inizio nell’abbandono e nell’isolamento più profondo e che giunge finalmente alla comprensione del senso dell’esistenza.
Tra l’umano e il divino si estende uno spazio infinito incolmabile per la diversa natura di Dio e della sua creatura, ma ciò che è reso impossibile dall’oggettività dei fatti, è reso possibile dalla metafora del rito sacro che si svolge con modalità simboliche. In tal modo i fatti concreti, le ‘prediche’ che narrano gli angioletti di Verbicaro, divengono trasfigurazioni culturali di un bisogno di completezza e di unione significante con la dimensione trascendentale del sacro. La festa nel cui ambito si svolgono, è la ‘categoria fenomenologia autonoma’ che acquisisce senso nella sua contrapposizione dialettica con la categoria del quotidiano, dell’ordinario, del ripetitivo, ma anche del dolore, della precarietà e della speranza.
I riti e la condivisione dei rituali assumono valore antropologico anche per la funzione sociativa che essi svolgono, poiché la presenza di coloro che rivestono ruoli all’interno dei rituali stessi e la partecipazione dei presenti rinsaldano il gruppo facendo rinvigorire ad ogni suo componente il forte senso di appartenenza che lo lega ad esso.
Oggi l'individuo è sempre di più cittadino del mondo che non ha punti precisi che gli indicano il centro o la periferia, e in questa situazione nella quale ogni aspetto e ogni condizione può essere ora l'una ora l'altra, il bisogno di unione è molto sentito. Si dilata l'identità culturale, ma la partecipazione alla festa e ai rituali sacri del proprio paese mantengono unito il gruppo che non perde il senso d’appartenenza che lo tiene coeso.
Lo sviluppo della tecnologia ha facilitato gli spostamenti di persone da un luogo ad un altro del globo, ha consentito di comunicare a distanze notevoli con persone lontane come se queste vivessero alla porta accanto, ha reso il mondo piccolo e ha anche consentito all'individuo di estendere la propria cittadinanza oltre i confini del proprio territorio senza, però, perdere la propria identità.
Globale e locale si coniugano perfettamente nei riti della Settimana Santa, dilatando una realtà particolare che viene vissuta con profonda partecipazione da tutti coloro che danno vita alle sacre rappresentazioni. Queste sono persone che mimano un passato lontano della storia comune a tutti i cristiani che rendono presente a quanti vi assistono, ma sono, innanzi tutto, cittadini di Verbicaro che hanno una storia da narrare.
Salvatore Totaro ripercorre i rituali della Settimana Santa e propone la centralità della figura dell’angioletto con attenta osservazione partecipante, ma pur mantenendo il giusto distacco richiesto dall’analisi scientifica, lascia passare l’affettività dell’essere ‘figlio’ di Verbicaro.
Presenta una realtà locale che, pur proiettata oltre i confini geografici del paese, è un invito a mantenere vivo un mondo passato, ma soprattutto un’esortazione a non perdere la tradizione orale della storia di ieri che ha il valore del patrimonio culturale.
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- Testo a cura di Beatrice Concetta Tortolici (Docente di Antropologia, presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’ Università Roma Tre), tratto dalla prefazione del volume di Salvatore Totaro - "La funzione mediatrice degli angioletti nei rituali della Settimana Santa a Verbicaro", Editore Lego Sprint s.p.a., Lavis (TN), settembre2005 .